Quando si parla di Massimo vengono in mente tante frasi, gesti, monologhi. Soprattutto monologhi, frasi spezzate, a volte incomprensibili, in cui � difficile riuscire a trovare un filo logico tra le
tante parole rotte, quasi balbettate, confuse e farfugliate. Quello era il parlare tipico di Massimo che l’amico Benigni ricorder� nei celebri versi che scrisse per ricordarlo:
Non so cosa teneva dint' 'a capa Intelligente, generoso, scaltro per Lui non vale il detto che � del Papa morto un Troisi non se ne fa un altro Morto Troisi muore la segreta
arte di quella dolce Tarantella ci� che Moravia disse del poeta io li ridico per un Pulcinella La gioia di bagnarsi in quel diluvio Di Jamm�, 'O Saccio, 'Naggia, 'Lloc, 'Azz
era come parlare col Vesuvio era come ascoltare del buon Jazz "Non si capisce", urlavano sicuri "questo Troisi se ne resti al sud". Adesso lo capiscono i canguri
gli Indiani e i miliardari di Hollywood Con lui ho capito tutta la bellezza di Napoli, la gente, il suo destino e non m'ha mai parlato della Pizza e non m'ha mai suonato il Mandolino
O Massimino, io ti tengo in serbo fra ci� che il mondo dona di pi� caro ha fatto pi� miracoli il tuo verbo di quello dell'amato San Gennaro
I suoi ragionamenti, le sue battute, i suoi pensieri sono oggi tra le cose pi� preziose che ci rimangano di lui, come le tante riflessioni che ci ha lasciato nelle interviste in cui risponde a
domande sul successo, sul cinema, sulla vita, ma soprattutto sull’amore, questo sentimento che egli ha interpretato con simpatia, a volte rabbia, perfino con impotenza davanti al grande mistero che esso incarna, in film
in cui la colonna sonora spesso � del caro amico Pino Daniele, forse il miglior interprete musicale della napoletanit� fatta di suoni e note. Cos� Massimo in un’intervista con Pino Daniele dir� a proposito
dell’amore, battibeccando con l’amico: “� qualcosa che deve fare il suo corso... � un vuoto a perdere. No, non ci guadagni niente dalla sofferenza in amore, a parte i cantautori che ci scrivono le canzoni. Tu
quando soffri ci guadagni? Appunto, tu ci guadagni, ma quando soffro io... se io soffro faccio ‘o film, per� siccome il film � di tre ore... tu basta che soffri due giorni, fai ‘na canzone di tre minuti, ma io p�
ffa’ ‘o film di tre ore aggia suffr� da quand’ero piccolino proprio. Questo � tragico, io p� ffa’ ‘o film di tre ore io so’ stato tradito gi� dall’ostetrica. Capito? Cio� mentre me
steva a tir� me lascia a mit� e va a pigli� un altro bambino e io me so’ sentuto traumatizzato e ho fatto un film sulla sofferenza...”. Anche la morte � stato un tema che Massimo ha affrontato nelle sue
produzioni, talora con atteggiamento dissacrante, poco scaramantico per un napoletano verace. Infatti, gi� agli inizi degli anni Ottanta egli organizz� uno scherzo nella trasmissione di Rai tre Che fai…ridi? In una finta edizione straordinaria del telegiornale fu annunciata la morte di Troisi (Morto Trosi, viva Troisi!). Per l’occasione i suoi amici -
Roberto Benigni, Lello Arena, Carlo Verdone, Marco Messeri, Maurizio Nichetti, Renzo Arbore - furono intervistati per esprimere il loro rammarico, ma in realt� nella sequenza di interventi essi divertono il pubblico
sparlando dell’amico scomparso, mettendone in luce i peggiori difetti. Non troppo distante da questa burla � il film No grazie, il caff� mi rende nervoso, nel quale Massimo si scontra con uno dei suoi tanti
singolari personaggi, cio� un esaltato difensore delle tradizioni napoletane, che si batte strenuamente per difendere gli stereotipi della sua citt�: pizza, canzoni e mandolino, al punto di interrompere lo svolgimento del
“Primo Festival Nuova Napoli”, espressione della nuova Napoli che si vuole emancipare dalla stretta etichetta della tradizione classica. I maldestri interventi del fanatico arrivano al punto di provocare la
morte di Massimo: la scena � costruita con folklore in un tipico vicolo napoletano in cui si sentono suonare le famose note di Funicul� Funicol�; il popolo accorre e trova Massimo morto dentro un organetto e con la pizza in bocca…
Massimo mor� lontano dalla sua Napoli - “ma non da emigrante, lui un lavoro a Napoli ce l’aveva” - proprio come i suoi celebri predecessori, Tot� ed Eduardo, quasi fosse un destino di certi napoletani che
per parlare bene della propria citt� devono allontanarsene.
|